Se il “baluardo dell’umanità” mostra il valore differenziale di chi e cosa è umano: un anno di Croce Rossa a Lampedusa

25.06.2024
Hotspot di Lampedusa - credit: Felice Rosa
Hotspot di Lampedusa - credit: Felice Rosa

Dopo più di tre anni di (mala)gestione da parte della cooperativa Badia Grande, il primo giugno 2023 l'hotspot di Lampedusa è passato in mano alla Croce Rossa Italiana (da ora in poi CRI), entro i più ampi termini (narrativi, logistici ed economici) della dichiarazione di "Stato di emergenza" per le migrazioni da parte del governo italiano nell'aprile dell'anno scorso. Non è un caso che siano proprio la CRI,insieme alla protezione civile, ad essere state chiamate in causa, coinvolte fin da principio per "il loro bagaglio di esperienze e dotazioni nell'ambito delle emergenze". Parallelamente, il piano di emergenza puntava sull'aumentare e rafforzare le strutture finalizzate al rimpatrio (CPR) potenziando le attività di identificazione ed espulsione. Operazioni, queste, che iniziano appena dopo lo sbarco, proprio con la cooperazione, se non il protagonismo, di CRI. Il primo stanziamento di 5 milioni di euro è servito anche per implementare un sistema di trasferimento delle persone da Lampedusa, fino a quel momento costrette, quasi per prassi, a passarci settimane - senza poter uscire, se non di straforo, nonostante l'illegittimità di questa privazione della libertà personale.

Cosa è cambiato nell'arco di questo anno?

Il 13 giugno 2024 la CRI ha organizzato una conferenza stampa dal titolo "Un anno di CRI a Lampedusa". Un flyer colorato di bianco e rosso tenta di valorizzare, con numeri e statistiche, l'operato dell'organizzazione: "i numeri di un anno di assistenza e accoglienza". Cita:

  • 94.290 persone assistite
  • 1827 vulnerabilità e bisogno specifici presi in carico e segnalati
  • 2 giorni di permanenza media
  • 698 presenze medie giornaliere
  • 299 casi di ripristino e mantenimento dei legami familiari

Rosario Valastro, Presidente dell'organizzazione, durante la conferenza sottolinea a più riprese l'impegno dell'organizzazione nel prendersi cura delle persone dietro a tali numeri, tanto che, nella sua prospettiva, dopo un anno di attività, l'hotspot è diventato un baluardo dell'umanità. La migrazione - afferma il Presidente - dovrebbe essere vista come parte integrante della nostra storia e del nostro presente, piuttosto che come un evento straordinario.

Come membri della società civile presenti a Lampedusa, però, purtroppo, assistiamo quotidianamente a una realtà ben diversa. La presenza stessa di un hotspot - e del più ampio approccio che tale struttura porta con sé - rappresenta piuttosto un elemento cardine della limitazione della libertà di movimento e della violazione dei diritti delle persone.

Come si colloca CRI in questa arena, tutta politica, di controllo, filtro, selezione e respingimento - di matrice strutturalmente razzista - delle persone non cittadine europee e senza documenti che arrivano in Italia? Cosa rappresenta CRI nel più ampio scenario della gestione dei confini europei?

Per Rosario Valastro, "[CRI porta] aiuto ovunque per chiunque in tutte le circostanze. Con grande senso di responsabilità [...] l'hotspot è il baluardo dell'umanità e fa onore a questa cittadinanza che nel corso dei secoli ha garantito accoglienza e dignità. L'hotspot è all'altezza di questi principi di accoglienza e al senso di accoglienza che la cittadinanza lampedusana ha avuto nei secoli".

Vorremmo proporre un controcanto a tali affermazioni: la cittadinanza e l'accoglienza sono principi che per esistere devono essere partecipati dalle persone e non vengono garantiti dal funzionamento di una struttura. La storia di Lampedusa è caratterizzata da spostamenti e incontri, non da segregazioni. In questo contesto, tuttavia, non è davvero in ballo una lotta per un'ipotetica riappropriazione dei valori e delle storie dell'Isola, che invece ancora vengono chiamate in causa in modo strumentale con l'effetto di appiattire le tensioni politiche.

L'arrivo di CRI e sopratutto delle risorse adeguate ad affrontare l'accoglienza delle persone migranti senza documenti è stata salutata con molta positività da tutte le realtà. Furono eclatanti, la scorsa estate, le dichiarazioni riguardanti le migliorie della struttura al suo interno, la costruzione di nuovi padiglioni e di una famigerata area giochi.

In controcanto, vi erano anni di denuncia contro la deresponsabilizzazione da parte statale della gestione dell'hotspot, affidata, attraverso bandi vinti al ribasso, a cooperative private, come, nel caso di Lampedusa, a Badia Grande (già nota per mala gestione e revoche di appalti dal 2022 - nota [1]). Quest'ultima, però, nello stesso mese di giugno 2023, estromessa dalla gestione dell'hotspot, è risultata assegnataria della gestione dell'Hub Mattei di Bologna. Ciò fa emergere con evidenza come la scelta non sia nè etica nè politica ma puramente tecnocratica e strategica. Dichiarato lo stato di emergenza per le migrazioni, Lampedusa diventa, nuovamente, l'arena spettacolare in cui il governo deve dare prova di forza. Ciò non ha niente a che fare con i diritti e la dignità delle persone.


Lampedusa - credit: Felice Rosa
Lampedusa - credit: Felice Rosa

Ma non è l'unico aspetto: la scelta di CRI come gestore continua a posizionarsi entro un quadro ben più problematico in cui lo Stato si appropria della gestione dell'accoglienza espropriando nei fatti l'Isola dalla possibilità di scegliere come far fronte all'arrivo di persone che attraversano i confini in modo illegalizzato. E' stata forte, eppure taciuta dai media, la rivendicazione di molt* lampedusan* a settembre 2023, quando più di 10.000 persone sono arrivate in poche ore. E non aveva nessuna nota di rabbia o opposizione verso "i migranti" quanto contro lo Stato, non certo assente ma colpevolmente presente.

Non possiamo, allora, schiacciare il riconoscimento del miglioramento dei mezzi e delle risorse arrivate con l'investimento della CRI a Lampedusa (con Badia Grande non c'era neanche un muletto per trasportare all'interno dell'hotspot le casse d'acqua, gli autobus avevano al massimo 7 posti, mentre adesso pullman da decine di persone e mezzi di varia natura circolano in un continuo andirivieni sull'Isola) con il riconoscimento alla CRI di essere la "garanzia di accoglienza e dignità". L'una non implica l'altra.

Per aggiungere elementi di complessità è indispensabile anche considerare un altro elemento: se da un lato varie aggregazioni della società civile da anni chiedevano trasferimenti più immediati dall'isola verso la terraferma (così da poter evitare il sovraffollamento nel centro e decostruire l'immagine della spesso invocata "invasione") ed è dunque positivo che finalmente ci sia un sistema più efficiente, dall'altro è indispensabile far presente altri due aspetti: innanzitutto, il problema viene, per come stanno adesso le cose, esclusivamente spostato, non risolto, in un altro luogo di transito, come il nuovo Hotspot di Porto Empedocle. Dove sia in quest'ultimo che all'Hub di Catania o all' hotspot di Pozzallo, fac simili di strutture di detenzione amministrativa, le condizioni di vita delle persone restano inadeguate. Inoltre, se sono veri i "due giorni di permanenza media" nell'hotspot di Lampedusa, sarebbe interessante che ci si interrogasse su quali servizi riescono ad essere erogati in tali tempistiche. Accade spesso che le persone appena sbarcate, per esempio di notte, rimangono sull'Isola di Lampedusa solo per qualche ora prima di essere portate al molo commerciale e imbarcate sul primo traghetto (e affrontare altre 9 ore di viaggio). 

Viene dunque spontaneo domandarsi: cosa ne è stato dell'assistenza psicologica? E dei tentativi di ricostruzione delle relazioni familiari tra le persone che arrivano, spesso soccorse da barche diverse e dunque divise? Che ne è di quella doverosa attenzione all'individuo?

Ebbene, se CRI vanta "299 casi di ripristino e mantenimento dei legami familiari" vorremmo ricordare, invece, i numerosi casi di famiglie divise a causa del funzionamento stesso delle procedure e della loro frettolosità, perché nessuno aveva avuto il tempo, il modo e forse l'interesse di indagare a garantire la loro relazionalità.

Nel nuovo sistema Hotspot-CRI, il paradosso dell'hotspot emerge con chiarezza: quanto più è efficiente e "funziona bene" tanto più è violento.

Ciò non ci stupisce affatto, anzi, si pone in perfetta linea con il più ampio intento - si vedano per esempio le nuove procedure accelerate di frontiera - di gestire il più velocemente possibile (e quindi più superficialmente) le richieste di ognuno per potersene disfare quanto prima.

Il tema in campo, qui, è uno svuotamento dall'interno del diritto. All'hotspot di Lampedusa avviene il primo passo per togliere significato al diritto d'asilo.

Inoltre, quando si parla di "aiuto ovunque per chiunque in tutte le circostanze" si omette che le situazioni di intervento prendono in considerazione delle situazioni di precarietà e bisogno causate da politiche statali e gestioni istituzionali. 

Qual è il rapporto che la CRI instaura con le politiche governative italiane (in questo caso) se non quello di complementarietà?

A quali immagine si riferisce Valastro quando parla di dignità?

Noi abbiamo bene in mente quelle di un meccanismo estremamente sbilanciato sulla logistica e sullo smaltimento della migrazione. Come ad esempio le immagini di un hotspot costantemente pieno - effetto diretto del rilancio del sistema hotspot a livello europeo e nazionale, col governo Meloni - con persone sotto al sole e senza un posto letto, né adeguati spazi sanitari. Abbiamo ben chiare le immagini di un luogo chiuso con 400 minori bloccati all'interno per due mesi (luglio 2023), e quelle di persone appena arrivate, in rivolta dentro l'hotspot per esigere di poter continuare il proprio viaggio (luglio 2023). Disegniamo le immagini di settembre 2023, dove la CRI ha pensato di poter distribuire i pasti in un hotspot con 6000 persone (a fronte del massimale di circa 600) continuando a tenerlo chiuso, un evidente sintomo dell'ottusità logistica alla base della sua gestione.


Lampedusa - credit: Felice Rosa
Lampedusa - credit: Felice Rosa

Ma è necessario guardare oltre l'Isola per capire la dimensione strutturale: basta guardare alle migliaia di persone gettate in improvvisati centri di accoglienza per rispondere alla cosiddetta crisi di settembre 2023.

Alcuni ragazzi arrivati nel settembre 2023 ci hanno raccontato di essere stati buttati in un "centro per il freddo" aperto a Parma, in cui il massimo del supporto era ricevere cibo due volte al giorno. In altri casi, ancora più gravi, alcuni minori tunisini con chiari sintomi depressivi sono stati abbandonati nell'hub di Torino le cui condizioni sono state denunciate dallo stesso responsabile del centro (nota [2]).

Forse il presidente della CRI avrà in mente le immagini di donne, uomini e bambini trasferiti con traghetti di linea con centinaia di persone costrette a stare sedute in spazi destinati a molte meno, o all'accoglienza all'arrivo a Porto Empedocle.


Molo Commerciale, Lampedusa - credit: Felice Rosa
Molo Commerciale, Lampedusa - credit: Felice Rosa

E' forse necessario ricordare la scena di Tchux costretto a lasciare l'hotspot perché l'Ufficio Immigrazione non poteva occuparsene? Il ragazzo, in chiaro stato traumatico, era arrivato a Lampedusa dalla Sicilia, con l'idea di poter ritornare da lì in Nigeria. Era poi stato portato all'hotspot perché nero e povero, quando ci si è resi conto che invece aveva un asilo politico. Non sapendo come gestire la situazione è stato accompagnato all'esterno della struttura e abbandonato a se stesso.

CRI, insomma, non fa che inserirsi in un meccanismo ben più ampio che eccede di gran lunga l'isola di Lampedusa - nonostante questa ne diventi spesso il simbolo mediatico.

Questo è chiaro anche quando si guarda più nello specifico alle pratiche di altri attori che CRI avalla o supporta con protagonismo.

Qual è il ruolo che l'organizzazione decide di assumere con il suo silenzio assenso sulle pratiche discrezionali degli agenti di polizia nelle fasi di pre-identificazioni o sull'imposizione di non poter uscire e rientrare nel centro? In che modo tale posizionamento connivente e contro il diritto renderebbe CRI baluardo di dignità?

Come spiega CRI l'impossibilità sistematica per le persone che sbarcano di uscire dall'hotspot? 

In tutto l'anno di gestione della Croce Rossa si è verificato solo un caso di uscita. Ad ottobre 2023, un ragazzo egiziano arrivato da qualche giorno era stato "fermato" in hotspot senza che gli fossero state comunicate le motivazioni. Con la procura di un avvocato di ASGI presente a Lampedusa si è riusciti a farlo uscire in quanto non vi erano misure cautelari della Questura per trattenerlo. Il ragazzo per entrare e uscire ha firmato sul registro dell'hotspot, uno strumento che, benché diffuso in altri centri, come per esempio a Messina, non era mai stato utilizzato a Lampedusa.Il motivo per il quale il ragazzo non poteva uscire era per discrezionalità del responsabile di polizia dell'hotspot.

Quando, ad aprile 2024, sono state portate avanti, con ASGI e il Forum Lampedusa Solidale, delle richieste di accesso civico per indagare sulla possibile presenza di questo registro (che avrebbe dimostrato la possibilità, almeno teorica, di fare uscire le persone dall'hotspot, come di diritto, a seguito della pre-identificazione e del fotosegnalamento), la Questura di Agrigento ha prima risposto di non essere in possesso delle informazioni richieste, e poi, dopo la richiesta di riesame per la mancata risposta, negato la presenza di tale registro.

E' dunque la questura stessa che dichiara l'impossibilità di garantire l'uscita dall'hotspot qualora la si richieda.

Non è vero che la Croce Rossa arriva ovunque c'è bisogno. Piuttosto, ovunque c'è bisogno per lo Stato, arriva la Croce Rossa. 


Molo Commerciale, Lampedusa - credit: Felice Rosa
Molo Commerciale, Lampedusa - credit: Felice Rosa

Per il resto, c'è la società civile organizzata in strutture più o meno formali, ci sono il riferimento e il riconoscimento alle organizzazioni che garantiscono la loro presenza in mare e ai pescatori che hanno messo in pratica (e che continuano a farlo) gesti di solidarietà , alle organizzazioni che mantengono uno sguardo critico sulle ingiustizie del regime di frontiera e alle reti cittadine di solidarietà attiva, in Italia come altrove, specialmente laddove forme di solidarietà sono represse e criminalizzate. A tutte le persone che a settembre, al di là di ogni valutazione macropolitica e dopo il collasso del "baluardo dell'umanità", si sono mobilitate in solidarietà alle persone arrivate.

La nota finale di Valastro su "la sfida dell'estate che arriva" ci sembra l'ennesima prova di un grande malinteso.

Solamente chi guarda alla migrazione con sguardo logistico può pensare di parlarne come la sfida dell'estate. Un punto focale dall'angolo così stretto da non riuscire a contestualizzare Lampedusa su un piano più articolato e complesso, entro cui il numero degli arrivi non può essere scollegato dai pericoli e dalle violenze dei percorsi di immigrazione irregolare.

Nel 2023 la condizione psicofisica delle persone era critica, ne sono testimonianza i rapporti fatti dai medici agli arrivi: nel mese di luglio, ad esempio, le persone arrivavano a Lampedusa dopo aver percorso a piedi il territorio dalle zone desertiche dalla Libia e dall'Algeria – dove erano state deportate - ai punti di partenza sulle coste.

Non erano casuali incidenti, "condizioni critiche" decontestualizzate, "sfide" che emergevano dal caso: la migrazione e la fatica delle persone oppresse in movimento sono il risultato, l'effetto diretto, di politiche statali in cui le potenze occidentali, attraverso politiche neoliberali e neocoloniali, rappresentano un perno centrale.

D'altra parte, siamo sicuri, riprendendo le parole stesse di Valastro, che volotar3 e operatric3, insieme all3 mediatric3 culturali, siano entrat3 in contatto e si siano confrontat3 con le forme di oppressione a cui le persone migranti sono costrette, seppur velocemente, entro un sistema che ti ruba anche il tempo di guardarti negli occhi. Ci auguriamo che questi incontri servano anche ai responsabili della Croce Rossa.

Le parole del presidente, insomma, sul fatto che "non ci sono eccezioni di nessun tipo alla dignità umana" ci suona quanto mai in malafede.

Ché bisogna proprio non volerlo vedere il razzismo strutturale che ammette trattamenti diversi per le persone di razza e classe diverse dal prototipo del suprematismo bianco borghese.

Al di là del supporto logistico, CRI, in Italia e altrove, è ingranaggio che partecipa alla riproduzione del razzismo strutturale verso cui sta andando l'Europa.










nota [1]: https://altreconomia.it/ors-ekene-engel-badia-grande-le-regine-dellaffare-milionario-dei-cpr/ ,

https://www.ilgiornale.it/news/politica/raffica-revoche-coop-dei-cpr-viminale-sana-tutte-irregolarit-2161176.html ,
https://www.alqamah.it/2022/08/09/gli-inganni-di-badia-grande/ 

nota [2]: 

 https://torino.corriere.it/notizie/cronaca/23_settembre_20/migranti-il-centro-di-via-traves-a-torino-e-al-collasso-oltre-400-persone-su-140-posti-disponibili-7d6cd7c4-157d-430a-a67d-1a34f5b75xlk.shtml 

Su Roma: https://www.romatoday.it/zone/monteverde/monteverde/tendopoli-monteverde-via-ramazzini-croce-rossa-denuncia.html