Tunisia, maggio 2024. Deportazioni di persone nere, arresti tra attivist*, giornalist* e avvocat*.
Nel mese di maggio 2024, in Tunisia sono continuate le deportazioni forzate di persone (con o senza lo status di rifugiato riconosciuto dall'UNHCR) alle frontiere con l'Algeria e la Libia. Attivisti, avvocati e giornalisti sono stati arrestati dopo il Consiglio di sicurezza del 6 maggio. Il razzismo continua a essere presente nelle proposte dei parlamentari e nel dibattito pubblico in televisione e sui social media.
Graffiti made in Tunis. Una persona è stata arrestata e accusata di essere il responsabile della sua realizzazione.
Gli sbomberi e le espulsioni di inizio Maggio
Nei primi giorni di Maggio, sui binari che collegano Jandouba – al confine con l'Algeria – a Tunisi, varie persone hanno camminato per giorni e senza risorse, ritornando nella capitale tunisina da dove erano stati violentemente sgomberati, caricati su autobus e deportati verso i confini con la Libia e l'Algeria.
Tra questi un gruppo di 32 Sudanesi che da mesi stanziava accampato davanti gli uffici dell'OIM del Lac di Tunisi e tra cui vi erano persone anziane, donne, bambini, persone con ferite e contusioni, una donna incinta con perdite di sangue. Molti tra questi in possesso della Carta rifugiati riconosciuta dall'UNHCR.
Prima
dell'alba di venerdì 3 maggio, le forze di sicurezza tunisine hanno
sgomberato centinaia di migranti e rifugiati che si erano accampati
in un giardino pubblico vicino agli uffici dell'OIM e dell'UNHCR a
Tunisi. Durante lo sgombero le forze di sicurezza hanno usato gas
lacrimogeni e taser contro queste persone, compresi i bambini.
Il 4
maggio, 15 migranti che vivevano dal 2017 in un complesso giovanile a
Marsa, nella periferia nord di Tunisi, sono stati espulsi dalla loro
abitazione. Il gruppo, fuggito dalla Libia nel 2011, era già stato
espulso da un campo profughi di Choucha delle Nazioni Unite a Ben
Gardene, nel sud della Tunisia, dopo la sua chiusura nel 2013. I 15
uomini sono attualmente detenuti per soggiorno illegale nel Paese.
Sono comparsi davanti al pubblico ministero senza traduttore o
avvocato.
. Il consiglio di sicurezza del 6 Maggio
La Tunisia non sarà un Paese di accoglienza o di transito per i migranti irregolari […]
Oltre
a ribadire la linea politica iniziata a febbraio 2023, Kais Saied,
in un Consiglio di sicurezza nazionale convocato per il 6 Maggio
2024, ha preso di mira le associazioni i cui progetti si sviluppano
nel cosiddetto ambito della migrazione. Il pretesto sono i
finanziamenti ricevuti dalle associazioni e ONG da finanziatori
stranieri, fonte di risorse finanziarie per la maggior parte delle
associazioni che compongono il tessuto della società civile tunisina
post 2011. Con toni inquisitori si è riferito a chi lavora in tale
ambito in quanto "mercenari" e "traditori" che
"minano lo Stato in nome della libertà di espressione"
ribadendo l'idea di un complotto per portare in Tunisia gli
africani subsahariani(1).
Secondo lui, si tratta di "individui che hanno ricevuto denaro
nel 2018 per sistemare i migranti irregolari in Tunisia",
"trombettieri rabbiosi motivati da stipendi stranieri",
perché ricevono finanziamenti dall'estero e "insultano" lo
Stato.
Tutti
questi eventi e la conseguente violenza del maggio scorso, sono
avvenuti in seguito ad una riunione tenutasi a Roma il 2 maggio scorso tra Ministri degli
interni di Italia, Tunisia, Libia e Algeria. Come ormai prassi da
qualche anno, non sono state rilasciate dichiarazioni né è stata
organizzata una conferenza stampa.
Il ruolo della Crescente Rossa, gli attacchi all'UNHCR e gli arresti tra la società civile.
Dal 3 maggio, le autorità tunisine hanno arrestato, convocato e indagato i responsabili, gli ex dipendenti o i membri di almeno 12 organizzazioni con accuse poco chiare, tra cui "reati finanziari", per aver fornito aiuti ai migranti.
Tra i bersagli della repressione governativa c'è il Consiglio tunisino per i rifugiati (CTR), un'organizzazione non governativa che ha recentemente pubblicato un bando di gara per la presentazione di proposte da parte di alberghi per un programma di accoglienza per richiedenti asilo e rifugiati. Le autorità tunisine hanno arrestato il presidente e il vicepresidente del CTR e la procura ha ordinato la loro detenzione provvisoria in attesa di un'indagine con l'accusa di "associazione a delinquere finalizzata ad aiutare le persone ad accedere al territorio tunisino" senza documenti di viaggio.
L'8 maggio, la polizia tunisina ha arrestato Saadia Mosbah, nota attivista e presidente di Mnemty, un'organizzazione antirazzista tunisina che fornisce sostegno a rifugiati e migranti. Saadia è ancora in arresto nel carcere di Mornagueya (la cui estensione è stata finanziata da fondi europei). Lo stesso è successo per la Norvegian Refugee Counsil e Terre d'Asile Tunisie la cui presidente, Cherifa Rihai, è tutt'oggi in arresto.
Tra l'8 e il 10 maggio, le autorità hanno arrestato due persone e hanno condannata un'altra a otto mesi di carcere per aver ospitato migranti privi di documenti.
"É fuori questione che le associazioni sostituiscano lo Stato"
Nello stesso discorso del 6 Maggio, il Presidente ha sottolineato che lo Stato deve e può essere l'unico interlocutore per quanto riguarda le questioni legate a migranti e rifugiati. Ha inoltre sottolineato la centralità e l'efficacia del ruolo della Mezzaluna Luna Rossa Tunisina che, come la Croce Rossa, è un organizzazione legata a doppio filo con l'indirizzo politico governativo - delegittimando apertamente l'operato dell'UNHCR.
Sui muri di Tunisi. Per concessione di Ernest Riva. Credit: www.ernest-riva.com .
Il parlamento sulla legge del 68
Se
questi sono i toni dell'indirizzo politico che tuonano da Cartagine
(sede del Presidente della Repubblica), il palazzo del Bardo (sede
del Parlamento) ne è cassa di risonanza, assecondandone sia l'aspetto
criminalizzante e securitario in ambito migratorio sia il conseguente razzismo strutturale.
Emblematica in tal senso è la proposta di revisione della legge n.7 del 1968, unico testo legislativo che regola lo statuto giuridico di persone senza cittadinanza tunisina con o senza documenti.
Già sbilanciato verso l'aspetto punitivo detentivo delle persone straniere senza documenti, secondo una lettura critica fatta da legal-agenda, la legge del 1968, formulata in un periodo dittatoriale, porta con sé un carattere squisitamente repressivo, punitivo e securitario. In caso di ingresso irregolare sul territorio, infatti, la proposta di legge passerebbe da una pena detentiva attualmente compresa tra un mese e un anno, a una pena da uno a tre anni di reclusione, con una multa pecuniaria compresa tra 300 e 5.000 dinari.
Inoltre
Per quanto riguarda il reato di "aiuto diretto o indiretto a uno straniero" o di tentativo di facilitarne l'ingresso, l'uscita o il soggiorno illegale in Tunisia, i deputati propongono di aumentare la pena da uno a tre anni di carcere (invece di un mese a un anno) con una multa compresa tra 1.000 e 5.000 dinari.
Secondo il giornalista Mehdy el-esh, i parlamentari non si sono resi conto della gravità della criminalizzazione diffusa, che non prende di mira le reti di sfruttamento dei migranti, ma solo la solidarietà nei loro confronti. Qualsiasi assistenza a un migrante irregolare, come cibo, acqua, trasporto o alloggio, anche senza alcun risarcimento, è criminalizzata e imprigionata dallo Stato.
Dal
discorso del febbraio 2023, in cui il Presidente Kais Saied ha
adottato i concetti propri alla teoria della Grande Sostituzione
tanto cari alla destra radicale europea (Zemmour si è complimentato
con il discorso del Febbraio 2023), il pensiero razzista si è
sdoganato specialmente sui social media, nelle radio e canali
televisivi. I discorsi dei deputati in Parlamento e sui social
contribuiscono ad alimentare il razzismo in Tunisia.
All'inizio di maggio, il deputato Yassine Mami ha pubblicato la foto del bando del Consiglio nazionale per i rifugiati (in partnership con l'UNHCR e di cui abbiamo già parlato sopra) per fornire alloggio ai richiedenti asilo, denunciandolo come uno "schema di insediamento" e "minaccia imminente alla sicurezza nazionale e alla struttura della società", sorprendendosi per l'assegnazione di alberghi a persone che vivevano "nelle giungle dell'Africa".
La deputata Fatima Messadi, deputata eletta nella circoscrizione di Sfax e che da sempre si distingue per i messaggi razzisti, ha diverse volte parlato di '"occupazione africana" della città di Sfax, promettendo un'iniziativa legislativa per criminalizzare "l'affitto dei negozi agli stranieri senza licenza", lanciando una petizione che chiede al presidente di "ritenere responsabili tutti coloro che sono coinvolti nel piano di insediamento e colonizzazione".
Data al mese di maggio anche la proposta dei parlamentari Reem Sghir e Asma Darwish al Primo Ministro che propone l'impiego di "africani" nella forza lavoro in "società di servizi africane" supervisionate da imprenditori di Sfax per un periodo di massimo 20 anni per poi essere deportati nei Paesi di origine.
Due settimane dopo l'introduzione del disegno di legge di cui sopra e in seguito agli arresti due giornalisti e un avvocato, il Ministro degli Interni ha smentito il mito dei complotti di reinsediamento di persone nere in Tunisia. In un interrogazione parlamentare ha dichiarato la presenza di soli 23.000 migranti neri irregolari sul territorio tunisino e più di 1.100 migranti irregolari attualmente in carcere. Dichiarazioni in rottura sia rispetto ai toni utilizzati pubblicamente dal Presidente, sia rispetto alle proposte dei parlamentari di rafforzare l'approccio punitivo e detentivo.
Il 25 maggio, due giorni dopo la seduta parlamentare di cui sopra, il ministro degli Interni e il Ministro degli affari sociali sono stati sostituiti. Una liquidazione di particolare importanza politica dal momento che entrambi, sia Kamel Feki (ex min. Interni) che Malek Zahi (ex. Min. Affari sociali), provenienti dalla sinistra tunisina (Watad), sono da sempre stati sostenitori del progetto politico "rivoluzionario" portato avanti dall'attuale Presidente.
Kais Saied non è schiavo di Roma nè il semplice esecutore delle politiche europee. I suoi interessi politici e quelli della Commissione europea a guida Van der Layen si legano in un rapporto di reciprocità piuttosto che di asimmetrica obbligazione (2). Dall'inizio della sua carriera ad oggi ha messo le mani in vari settori del Paese con l'intenzione di reprimerne ogni potenziale opposizione. Il maggio scorso è stato il turno di quello che fin ora non era stato toccato: il tessuto della società civile fatto di associazioni ed NGO e la libertà di stampa, indiscutibile conquista postuma alla caduta di Ben Ali.
Sit-in del 9 maggio scorso organizzato da alcune associazioni di fronte la sede della Commissione europea a Tunisi.
Il decreto 54 e la modifica della legge 88 sulla libertà associativa
L'11 maggio una decina di poliziotti incappucciati in civile sono entrati di forza alla Dar el-Mouhami(3) (la Casa degli Avvocati) per arrestare Sonia Dahmani.
Avvocata e personalità spesso presente nei talk show televisivi, Sonia
Dahmani ha ricevuto un mandato d'arresto in seguito a delle
dichiarazioni e commenti espressi in televisione. Rispondendo sarcasticamente alle dichiarazioni presidenziali che rimandavano a una
sostituzione etnica in Tunisia, l'avvocata si è domandata ad
alta voce chi avesse davvero voglia di stabilizzarsi in un Paese
povero di welfare come la Tunisia. Inoltre ha ribadito come la
situazione degli accampamenti negli uliveti a el-Amra sia il
risultato delle deportazioni coatte da Sfax e delle intercettazioni
in mare compiute dalla guardia nazionale.
Lunedì 13 maggio un altro avvocato, Mehdi Zagrouba, è stato arrestato. Secondo diverse fonti, mercoledì sera è stato portato in ospedale dopo essere stato picchiato durante la detenzione e aver perso i sensi. Bassem Trifi, presidente della Ligue de défense des droits de l'homme (Lega per la difesa dei diritti dell'uomo), ha dichiarato che "insieme al presidente dell'Ordine degli avvocati e ai colleghi avvocati, abbiamo visto chiari segni di violenza e tortura sul suo corpo".
Gli arresti sono stati disposti ai sensi del decreto legge 54. Per lo stesso motivo altri noti giornalisti sono stati arrestati. Firmato dal presidente Kais Saied nel settembre 2022, è un decreto legge che mira a combattere le "false informazioni" su Internet. Nella pratica – come da manuale - la vaghezza dei termini del decreto ne consente un'applicazione arbitraria ed abusiva funzionale a reprimere ogni critica e opposizione.
Dal 25 luglio 2021 ad oggi le azioni di controllo e subdola manipolazione degli ingranaggi politici della Tunisia da parte del Presidente ha portato ad avere Parlamento e Giurisprudenza come luoghi in cui non si crea dissonanza con la sua linea politica. Piuttosto che garantire, in extremis, un contrappeso ad abusi di potere, sono luoghi istituzionali che legittimano e confermano il potere unico e assoluto del Presidente.
La società civile resta un luogo di critica e opposizione. Se già il decreto 54 è applicato per censurare giornalisti e cronisti, l'emendamento dell'articolo 88 è la mannaia repressiva che minaccia il tessuto associativo tunisino sviluppatosi nel post Ben Ali. Emanato nel 2011, il decreto legge 88 garantisce la libertà di associazionismo in Tunisia ed è reputato come una conquista della rivoluzione del 2011. Dal colpo di Stato del 2021 il Presidente ha annunciato l'intenzione di modificare la legge per ridurre gli ambiti di interesse delle associazioni e soprattutto limitare la possibilità di ricevere finanziamenti stranieri, principale risorsa per la maggior parte delle associazioni tunisine.
Paura e
paralisi.
«Non siamo intervenuti nei loro affari quando hanno arrestato i manifestanti che denunciavano la guerra genocida contro il popolo palestinese»
tuona
il Presidente rispondendo alle critiche ricevute da esponenti di
Stato stranieri per gli arresti avvenuti nel mese di Maggio.
L'ingerenza straniera e il complotto contro lo Stato sono concetti
mobilitati dal Presidente Kais Saied per giustificare da sempre
arresti e repressione a vari livelli dello Stato e del territorio
tunisino.
L'aria che si respira in Tunisia è da tempo pensate in molti ambienti. Un magone allo stomaco, sintomo di incertezze e paure, accompagna le attività di molt3; la sensazione che attraversa molti spazi è quella di una repressione arbitraria, senza garanzie che può colpire tutt3 in ogni momento e dalla quale nessuno può essere al riparo.
Rafforzare Kais Saied, in questo momento, significa rafforzare gli apparati securitari, repressivi e detentivi che fanno da perno alla sua posizione di potere. Negli anni post-covid, in Tunisia, ci si sta confrontando con il ritorno di pratiche di controllo e polizia che riesumano lo spetto del regime di Ben Ali.
E', la Tunisia, una Repubblica, o un reame, o uno zoo, o piuttosto una prigione?
Scriveva sul suo blog Zouhair Yahyaoui, morto in prigione nel 2011 e conosciuto come il primo martire di internet.
Oggi in Tunisia ci si confronta con la fragilità e la temporaneità dei diritti e delle libertà conseguenti alle mobilitazioni del 2011 e la caduta del regime di Ben Ali. Il colpo di coda autoritario è reale dappertutto nello spazio mediterraneo; i campioni delle idee liberticide - populisti e conservatori legati a gestioni autoritarie del potere – intessono alleanze a livello regionale passando per retoriche apparentemente contraddittorie. Tutti partecipano al rafforzamento del razzismo strutturale e alle molteplici segregazioni che ne conseguono.
Esprimiamo solidarietà con tutt3 le attiviste e gli attivisti in Tunisia, con gli attori della società civile, con tutte le persone oppresse e segregate esposte a varie forme di violenza razzista, con tutte le persone deportate di forza dai Paesi dell'UE e con le famiglie e i quartieri che chiedono verità e denunciano la scomparsa dei propri cari in mare.
(1)Nel resto dell'articolo non verrà utilizzato il termine subsahariane per definire la categoria di persone che da febbraio 2023 sta subendo attacchi razzisti da parte di istituzioni e abitanti in Tunisia. Piuttosto verrò utilizzato il termine black people nella misura in cui l'esclusione avviene non per geografia di provenienza ma per razza. Quello che si rafforza negli ultimi anni in Tunisia è un razzismo strutturale non una stigmatizzazione legata alle origini.
(2) Con questo non si vuole negligere né sminuire le asimmetrie, soprattutto in termini economici, che rimandano a rapporti di forza neo-coloniali e di cui le relazioni UE e Tunisia sono espressione.
(3) Luogo associativo di riferimento per la categoria degli avvocati, non aveva mai fatto esperienza di una simile azione di polizia se non i giorni prima la partenza di Ben Alì.