Voci da Lampedusa - Pescatori e barchini: prospettive locali di una questione non gestita 

26.04.2024

Lampedusa è la più grande delle isole Pelagie (20km2) con 6000 abitanti, si trova a circa 60 miglia nautiche dalle coste tunisine, mentre a 110 da quelle siciliane.

Molo Favaloro. Luglio 2023
Molo Favaloro. Luglio 2023

Storicamente rappresenta un crocevia di popoli che attraversavano il Mediterraneo: dai fenici ai greci, ai cartaginesi, ai romani fino agli arabi e agli spagnoli, per poi arrivare agli insediamenti dei primi coloni borbonici, ovvero i primi abitanti della Lampedusa moderna, nel 1843. La colonia, in principio ideata per lo sviluppo agricolo e poi per la produzione di carbone, portò a un profondo mutamento del paesaggio e delle risorse: ampie aree di vegetazione vennero trasformate in campi agricoli o dedicate al pascolo, progressivamente diminuendo il manto verde dell'isola.

Spinti dalla necessità, i lampedusani si dedicarono dunque ad un'attività che ancora oggi rappresenta una parte dell'economia dell'isola, ovvero la pesca azzurra. Anche arrivando vicino alle coste del Nordafrica, dell'Africa occidentale e del Nord America. In tempi più recenti, l'economia dell'isola è cambiata nuovamente, spostandosi più sul turismo come prima fonte di sostentamento. 

Le interazioni tra lampedusani e popolazioni nordafricane non sono un fenomeno recente legato solo all'aumento dei flussi migratori presso la più grande delle Pelagie, ma sono rintracciabili anche in passato, soprattutto con la popolazione tunisina. Nel 19º secolo molti pescatori e agricoltori lampedusani e siciliani trovarono maggior fortuna in Tunisia, formando nel tempo delle vere e proprie comunità. Tali rapporti durarono fino alla fine degli anni '90, ovvero prima dell'entrata in vigore della Convenzione di Schengen nel 1995. Prima di questa data, tunisini, lampedusani e siciliani avevano continui interscambi sia a livello lavorativo che di turismo, senza bisogno di visto per poter attraversare il Mediterraneo. Questa convenzione abolisce infatti le frontiere interne tra i principali paesi dell'Unione Europea inclusi nell'accordo, che si impegnano dunque a intensificare i controlli alle frontiere esterne.


La chiusura delle frontiere esterne ha portato alla necessità di ottenere visti, permessi di soggiorno o di presentare domande di protezione internazionale per entrare nei paesi della Convenzione, riducendo notevolmente gli ingressi regolari da paesi al di fuori di quest'area. Le migrazioni rese "irregolari" hanno così iniziato a proliferare, e negli anni migliaia di barchini e barconi, spesso in condizioni estremamente precarie, hanno iniziato a raggiungere le coste italiane con a bordo persone in movimento.


Questo ha contribuito ad una conseguente intensificazione delle politiche di controllo e militarizzazione da parte degli Stati e dell'Unione Europea, trasformando Lampedusa in una delle porte d'ingresso o respingimento della cosiddetta Fortezza Europa. Allo stesso tempo, ciò ha anche attirato l'attenzione dei media e delle istituzioni, rendendo Lampedusa un luogo simbolo dello "spettacolo" del confine.


Nonostante questo fenomeno sia in corso da almeno 30 anni, la popolazione locale si trova tuttora a dover affrontare le lacune dovute ad una gestione statale caratterizzata da un approccio di perenne emergenzialità e politiche a breve termine, piuttosto che soluzioni strutturali.


Prospettive locali

I pescatori svolgono un'importante funzione di osservatori delle dinamiche che includono le coste di Lampedusa. Il loro punto di vista ci mostra come il fenomeno della migrazione sia fortemente legato agli usi e alla gestione amministrativi. Oggi, parlando con alcuni residenti, è possibile capire come la pesca sia cambiata.


Lorenzo (nome di fantasia), ex pescatore di Lampedusa, ha 88 anni. Nonostante non sia più in mare, va spesso al porto e racconta lucidamente dei suoi viaggi nell'Atlantico.

Partivamo da Anzio fino allo stretto di Gibilterra. Per pescare seppie. Sono stato pure in Mauritania, Senegal e fino al Sud Africa. Sempre per pescare.

Secondo lui, oggi la pesca è più difficile, il pesce scarseggia e fare il pescatore è un mestiere sempre più complesso. A lui, come tanti altri pescatori, è capitato di incontrare barchini vuoti a pelo d'acqua o affondati, i quali spesso causano danni.

Mio figlio ha un peschereccio, ha avuto sempre danni con questi barchini semi affondati. Gli scogli si possono evitare, i barchini però fanno danno, si perde una giornata di lavoro, si perde tutto e non rimborsa nessuno.

Similmente, altri due pescatori in porto mi raccontano della loro esperienza.

Una volta abbiamo sbattuto il fianco del nostro peschereccio con un pezzo di barca a fior d'acqua. Erano le 10 di sera e non si vedeva. Stava mandando a fondo il nostro peschereccio, c'era pure libeccio. Abbiamo dovuto pagare circa 20/30 mila euro per i danni, abbiamo l'avvocato di mezzo ora.
Barchino di legno vicino Cala Madonna. Febbraio 2024
Barchino di legno vicino Cala Madonna. Febbraio 2024


Un altro pescatore, Domenico (nome di fantasia), mi racconta che i barchini a fondo possono anche essere identificati, in alcuni casi.

I pescherecci hanno lo scandaglio e controllano il fondale. Quando ci sono barche piccole, non si riesce a riconoscerli. Ad esempio, i pescherecci grandi dei tunisini si possono riconoscere anche a 150/200 mt di profondità, ma i barchini più piccoli non si distinguono.

In certi casi si cercano appositamente i relitti che rappresentano una risorsa di pesce.

Quando si va dove ci sono le barche affondate o le scogliere, ci si aspetta di trovare tanto pesce. Conosco un punto a 3.5 miglia da Ponente dove c'è una barca affondata negli anni '90. Una volta sono andato lì e ho preso un sacco di pesci con le lenze. Si prendono dentici, ricciole. Per i pesci le barche sono come scogli, gli si attaccano cose che i pesci mangiano. Se peschi con la rete a strascico, però, capita che se incontri uno scoglio o un barchino la rete si rompe e i pesci escono.

Domenico spiega anche che esiste un altro metodo di pesca con le reti che non tocca il fondo, detta a "cianciolo" o "rete di circuizione".

La barca butta una parte della rete e fa un giro intorno al punto dove si pesca. Questa è la pesca azzurra: si prendono alici, alaccia, sugarelli, sgombri. Quando si blocca la rete, si chiude a circa 3-4 metri dal fondo. I pesci che si trovano al centro non riescono più ad uscire, poi con il verricello si tira in barca e si mette il pesce nelle vasche. La maglia della rete per questa pesca è molto piccola. La rete crea come un sacco che cattura i pesci. Questo tipo di pesca non va a fondo, perciò non rischi di incagliare con i relitti.


Barchino di legno abbandonato nella costa di Ponente. Marzo 2024
Barchino di legno abbandonato nella costa di Ponente. Marzo 2024


Le coste e i fondali lampedusani sono pieni di barche di tutti i tipi. I grandi relitti affondati durante le guerre mondiali nel canale di Sicilia costituiscono un'importante risorsa per la pesca locale. Mentre i barchini più piccoli, e soprattutto in legno, che più recentemente arrivano sull'isola delle pelagie, comportano spesso solo dei danni ai pescatori locali. Questo tipo di imbarcazioni abbandonate nel tempo possono emergere dal fondale e finire per arenarsi sulle coste. D'altro canto i barchini in ferro, i quali sono tristemente famosi per la loro precarietà, sono fatti di lamiera metallica saldata, e una volta che affondano potrebbero invece mantenersi più a lungo nel fondale, e costituire un potenziale punto per coralli e alghe da cui i pesci dipendono.

Nonostante non sia un problema recente, tutti i pescatori sottolineano come le forze dell'ordine/le autorità e le istituzioni non riescono a gestire questo fenomeno.

Le motovedette abbandonano i barchini quando li prendono, così vanno alla deriva e non si sa dove vanno. Potrebbero segnare il punto dove le trovano. Così i pescherecci sanno dove sono.

I pescatori conoscono bene le zone di pesca attorno all'isola. Dunque, se durante un'uscita incagliano la rete in un ostacolo nuovo, è molto probabile che sia un barchino affondato recentemente.

Un episodio raccontato da altri pescatori locali sottolinea come utilizzare il molo Favaloro come punto d'approdo per le persone che arrivano dal mare manifesti ancora una volta l'incapacità nel gestire un fenomeno ormai consolidato negli ultimi 30 anni.

Una volta tutte le barche riportate dalle vedette fino al molo si sono staccate e hanno iniziato a vagare liberamente per tutto il porto, causando gravissimi danni a tutte le barche presenti.


Tra le proposte dei pescatori per risolvere questo problema, vi è quella di Giacomo, che vorrebbe ridurre il processo burocratico.

Io sono 42 anni che vado in mare. Invece di spostare subito questi barchini alla deriva, loro aspettano di fare i documenti e poi le spostano. Invece bisognerebbe fare il contrario. Se chiedi spiegazioni alla guardia costiera dicono che non è responsabilità loro, l'ADM* neanche e così via.



La gestione dei barchini abbandonati costituisce un grosso peso per i pescatori e la comunità locale, anche per via del costo per il loro smaltimento. Sarebbe necessario dunque integrare un intervento che consideri il potenziale utilizzo delle barche affondate come luogo ricco di biodiversità, e al tempo stesso istituire un servizio di ritrovamento e segnalazione delle barche alla deriva per evitare danni ingenti ai pescatori e alle loro imbarcazioni (1).

  1. Bianchini, Marco & Ragonese, Sergio. (2011). The potential importance of shipwrecks for the fisheries, the environment, and the touristic fruition.

*Agenzia Dogane e dei Monopoli